28 de abril de 2010

Inter eroica al Camp Nou È in finale di Champions

I nerazzurri perdono 1-0 a Barcellona, in 10 uomini dal 28' per l'espulsione di Thiago Motta, ma si qualificano per la finale di Madrid del 22 maggio contro il Bayern Monaco. Gara sofferta, tutta in copertura, ma senza concedere più di tanto ai blaugrana per i ragazzi di Mourinho, trafitti solo al 39' s.t. da Piquè. Retroguardia sontuosa, Julio Cesar decisivo

image BARCELLONA (Spagna), 28 aprile 2010 - A cosa serve fare gol, quando puoi scivolare, coprire, rientrare, stoppare, liberare? L’Inter torna in finale di Champions. L’Inter è a Madrid. Lo fa all’italiana, con una gara di pura sofferenza, lo fa con le barricate, perdendo 1-0. Samuel, il muro. Zanetti, l’anti Messi. Lucio. Julio Cesar. E poi tutti gli altri, dai mediani Eto’o e Milito fino ai tackle di Mariga nel finale. Sono loro gli eroi di Barcellona. E a cosa serve avere 90 mila tifosi, se a fine partita puoi esultare sotto i tuoi cinquemila, in mezzo al Camp Nou, fra bottigliette che volano. Eroi in campo, protagonista da cinema in panchina. Mourinho si prende la scena nel finale, sotto la mini-curva. Se la merita, per come ha saputo plasmare un gruppo e adattare le idee tattiche. Ora a Madrid, ora il Bayern di Van Gaal. Da favoriti, stavolta, perché nessuno pareva poter fermare questo Barcellona campione di tutto. Nessuno, tranne undici uomini (o dieci poco importa) in scivolata compatta.

Un tuffo di un Julio Cesar gigantesco. Reuters
Un tuffo di un Julio Cesar gigantesco. Reuters

ESPULSIONE CHIAVE — "I giocatori del Barcellona si buttano sempre" aveva detto ieri Thiago Motta. Busquets lo ha preso in parola: al 28’ il brasiliano apre il braccio e con la mano tocca il "canterano" in faccia. Ok, Motta era ammonito, ma si becca il rosso subito. Busquets verrà smascherato dalle immagini tv mentre sbircia l’arbitro mentre finge di tenersi la faccia. Poi Thiago cercherà di farsi giustizia, prendendo per il collo il "falso invalido". Non serve a nulla, l’Inter giocherà in 10 per oltre 60’.

ARRANGIARSI — L’italica arte di arrangiarsi: non ha interpreti italiani, l’Inter scesa in campo al Camp Nou, ma ha molti che si arrangiano. Lo schieramento tattico è tutto un coprire buchi. Si parte prima del fischio d’inizio, con Pandev out dopo il riscaldamento. Troppo tardi per cambiare i piani, si va col 4-2-3-1, anche se all’ala sinistra si piazza Chivu, che chiaramente dà meno possibilità in attacco. E’ la scossa di avvertimento: il terremoto arriva al 28’, con l’espulsione di Motta. Mourinho ridisegna un 4-4-1, con Chivu in mezzo, Eto’o e Milito (!) a coprire le fasce. Sneijder fa il riferimento in attacco, sperando in inserimenti. Una mezzapunta centravanti, un solo centrocampista di ruolo (Cambiasso) su quattro.

Cordoba e Cambiasso: abbracci da finale. Reuters
Cordoba e Cambiasso: abbracci da finale. Reuters

UNA SOLA PORTA — Per forza di cose, così si gioca quasi a una porta sola, nonostante qualche tentativo di cavalcata solitaria di Eto’o. L’Inter era partita guardinga già prima di trovarsi in dieci: Milito scende per la prima volta dopo 20’, ed Eto’o si preoccupa di coprirlo anche prima che perda la palla. I difensori e Cambiasso spesso preferiscono sparare avanti piuttosto che rischiare di giocarla. Poi, inferiorità, è, giustamente, tutto un rinculare: l’unico corner offensivo viene battuto da Milito con due uomini dell’Inter in area, contro sette. Poi, pian piano, escono tutte le punte.

La gioia dei giocatori dell'Inter: la squadra di Mourinho è in 
finale. Reuters
La gioia dei giocatori dell'Inter: la squadra di Mourinho è in finale. Reuters

IL BARCELLONA ABDICA — Il Barcellona non stimolato in fase difensiva può permettersi per 45’ Gaby Milito terzino sinistro (non lo punta nessuno), mentre da centrocampo in su cambia gioco con facilità. Tutto bene fino a quando la palla non arriva a Ibra, che con tutta la buona volontà ne azzecca poche. Il più pericoloso è Pedro (due tiri a lato), quello che va davvero vicino al gol è Messi: al 32’ parte, si accentra e spara un tiro perfetto. E’ uno "schema" ed è quasi sempre gol: non stavolta, c’è Julio Cesar. Sarà la parata decisiva, quella che vale Madrid. Nella ripresa persino Messi sbatte la testa contro il muro: per 40’arrivano solo un gol sbagliato di Bojan al 37’ e tanti tiri da fuori, e fuori. Xavi gestisce, ma non trova l’ultimo passaggio, Alves salta il primo, ma non il secondo. Poi Piqué, già immenso dietro, va a fare il centravanti e esalta il Camp Nou, dopo aver saltato Julio Cesar. 1-0, tiri di Xavi e Messi parati, gol di Bojan a gioco fermo: Il Barça campione di tutto abdica. Remuntada? Rinviata. Dell’atteso clima da impresa e della pressione del pubblico restano solo 5’ finali di puro frastuono e le alte vette estetiche toccate prima del fischio d’avvio: quando entrano le squadre il Camp Nou stracolmo è una coreografia unica, progettata dal club con 80mila cartoncini, dal grande effetto scenico.

GAZZETTA.IT
Valerio Clari

image BRUTTA ATMOSFERA - Mourinho conclude la sua lunga intervista lanciando parecchie velenose frecciate all’indirizzo di Barcellona e del Barcellona. E rivela un episodio rimasto segreto in questi giorni: Samuel Eto’o è stato avvicinato dalla polizia per un problema fiscale e quasi portato in commissariato alla vigilia della gara. Ma è tutta la preparazione della partita da parte dei blaugrana - giocatori e tifosi - a non essere piaciuta all’allenatore di Setubal, che pure qui ha avuto un’esperienza lavorativa come secondo di Robson. «Messi è un talento incredibile - esordisce Mou - un giocatore di un altro mondo, di un’altra galassia. Però come tutti gli altri non ha giocato con la sua forza. Loro sono bravi quando fanno calcio e mettono in campo la loro qualità. Questa volta non c’è stato fair play in campo e non c’è stato fair play fuori campo. Alle quattro della mattina non potevamo dormire perché c'erano i fuochi d'artificio fuori dalla porta. Abbiamo chiamato la polizia alle 11 ed è arrivata alle 3 mezza. Eto'o, che ha la residenza spagnola, ha ricevuto la visita della finanza che gli ha chiesto di pagare tasse non pagate. Io tutti gli anni gioco contro il Barça e ogni volta che gioco qua succede qualcosa: il rosso a Motta non è una novità. Sapevamo quello che dovevamo fare. Motta ha perso un po' la sua lucidità. Che cosa gli ho detto? Niente, all'intervallo ho parlato con la squadra per dire come dovevano giocare nel secondo tempo. L’arbitro? Non voglio giudicare. Ho detto prima della partita che quando i giocatori aiutano l’arbitro il lavoro dell’arbitro è facile, altrimenti diventa difficile. E oggi qualcuno ha complicato il suo lavoro».

CORRIERE DELLO SPORT

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