14 de enero de 2009

Su La Voce d’Italia un’inchiesta sul perché, negli ultimi 10 anni, sempre più italiani emigrano in Venezuela

 

Secondo i diretti interessati - specie giovani laureati, professionisti e imprenditori – tanti vantaggi oscurano le note negative del Paese latino-americano

CARACAS – Un’inchiesta sulle ragioni che rendono il Venezuela punto di approdo sempre più gradito a coloro che ancora oggi emigrano dall’Italia viene pubblicata nel numero odierno del quotidiano italo-venezuelano La Voce d’Italia. Il Paese latino-americano – si legge - “sembra aver spalancato le porte a questi giovani pionieri stanchi di bussare a sempre nuove porte, stanchi di pregare per un impiego e di lavorare per sopravvivere”. L’Italia infatti sembra non offrire, specie ai più giovani, le condizioni di vita sperate e la possibilità di intraprendere e percorrere la propria strada, soprattutto dal punto di vista lavorativo.

Proprio ai giovani emigrati - professionisti, imprenditori, insegnanti di italiano, tirocinanti presso ambasciate e consolati – La Voce d’Italia ha domandato i punti di forza e di debolezza del Paese che hanno scelto come patria d’adozione e i motivi che hanno determinato la decisione di restarvi. Emerge il quadro di una realtà ricca di spazi, opportunità e mobilità, che accoglie tanti stranieri. Gli italiani affermano che abbandonarsi ai paragoni con l’Italia è sbagliato, che occorre pensare che si tratta di un diverso Paese, con pregi e difetti, per viverci bene. Del resto, è già numerosa la presenza della locale comunità italiana, verso cui i venezuelani nutrono grande rispetto.

Tra gli intervistati, Vartan Puiguian, 31 anni, laureato in lingua e cultura italiana, oggi direttore didattico dell’Istituto Italiano di Cultura a Caracas, il quale ammette di non voler tornare in Italia: “dal mio punto di vista la Penisola è ferma e non ha nulla da offrire. Non vi tornerei – aggiunge - nè per le relazioni sociali, nè per quelle personali. Qui viene dato più spazio al cittadino e se uno vuole, riesce a fare ciò che si prefigge”. Unico lato negativo “lo stress estremo del vivere quotidiano – afferma Vartan – che rende tuttavia ogni risultato una battaglia vinta”.

Una forte attrazione esercitano le condizioni politiche e sociali del Venezuela: Elvira Rizzo, 46 anni, a Caracas da un anno, afferma, per esempio, di essere venuta qui “per imparare da questo Paese, per essere parte delle innovazioni politiche, dentro al movimento bolivariano”. Elvira è laureata in filosofia e lavora come professoressa di italiano nel Colegio Bolívar y Garibaldi. Interesse analogo emerge dalle parole dei tirocinanti del progetto promosso dal Mae e dal Consiglio delle Università italiane, che testano sulla propria pelle le vita delle sedi consolari e diplomatiche all’estero: “ho scelto il Venezuela perché volevo vedere da vicino i successi della rivoluzione bolivariana di Chavez, dato che i principali media europei ne parlano in modo negativo– afferma Fabrizio, laureato in scienze diplomatiche; Alessia, mentre approfondisce la sua formazione in relazioni internazionali, conferma di trovare “affascinate la situazione politico-sociale locale”.

Numerosi sono anche gli imprenditori che hanno scelto il Venezuela come contesto professionale, magari dopo un breve viaggio turistico. Tra gli intervistati, Guglielmo Cruciani, 39 anni, di Roma, arrivato in Venezuela come turista nel 1991, oggi rappresentante nel paese latino-americano delle società italiane del settore salute che qui esportano i loro prodotti. Guglielmo è molto critico nei confronti del suo Paese: “in Italia lavori per sopravvivere. Anche  solo, - aggiunge - con un superstipendio di 3000 euro al mese, non ce la fai. Il Venezuela, invece, ti dà opportunità che non ci sono in Europa. Nonostante tutte le critiche, economicamente parlando è un paese florido, ricco di opportunità e di risorse”.

Carlo Fermi, 29 anni, laureato in economia all’Università Bocconi, oggi è il responsabile della filiale in Venezuela dell’impresa FTC che esporta macchinari e materiali nel settore agroalimentare. E’ arrivato in Venezuela quattro anni fa per incontrarsi con un amico e visitare il Paese. “Sono sempre stato in cerca di nuove esperienze all’estero,  - dice - che reputo altamente formative sia dal punto di vista personale che professionale”. Del Venezuela “mi affascina l’attitudine sempre positiva della gente, - prosegue - ben distinta dal pessimismo che a volte domina la società dei paesi industrializzati”. Fra i dati negativi punta il dito sull’insicurezza, il poco rispetto dell’ambiente e, talvolta, la superficialità della gente.

Si arriva anche, completata la formazione universitaria, per costruirsi il proprio percorso professionale in un ambiente più stimolante e predisposto a incentivare la crescita personale. Fabio Serra, 28 anni, originario di Napoli, racconta di aver trovato lavoro su internet rispondendo ad un’offerta riguardante l’insegnamento della lingua italiana. “Qui ci sono tanti spazi vuoti dove potersi inserire e più che l’imprenditoria, – spiega Fabio – la fuga dall’Italia è dell’intelligencia.

Come me, tutti gli italiani immigrati riscontrano in Venezuela un bisogno di saperi ed un confronto impossibile da trovare in Italia. Qui emerge il valore alla conoscenza e il sapere ha un riscontro nel mercato del lavoro. Inoltre le persone cambiano spesso impiego creando un riciclo continuo ed una sempre nuova offerta di opportunità. Nel Belpaese questo non accade: c’è solo immobilità e concorrenza”

Anche Michele, un marchigiano di 29 anni, laureato in filosofia, conferma l’apertura del mercato del lavoro. “Una volta qui, in America Latina, ho ricevuto numerose offerte di lavoro interessanti - racconta. - Questo è molto gratificante per me in quanto, come molti giovani in Italia, ero stanco di bussare a tutte le porte, stanco di pregare per un impiego, stanco di lavorare gratis. Per questo consiglio a tutti i miei amici di andarsene dall’Italia”.

“Qui in Venezuela c’è più libertà rispetto all’Italia, - conclude Andrea, 33 anni, di Alessandria, una laurea in antropologia culturale. – E’ finalmente possibile non essere schiavi del lavoro e ritagliare del tempo per se stessi. E, cosa più importante, c’è rispetto per il lavoratore”.

Barbara Meo Evoli, Monica Vistali / La Voce D'Italia

 

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